Paolo Pulici: biografia del forte attaccante del Torino e della Nazionale nel post a cura di Campioni Calcio
Il Grande Torino è la storia del calcio italiano e mondiale. La squadra torinese è una storica nel panorama calcistico la quale, nonostante i risultati altalenanti degli ultimi anni, non ha perso quel fascino e quel prestigio di un tempo. Il Torino è una delle squadre che fa ancora gola e soggezione solo a parlarne per il blasone. Merito di calciatori leggendari che hanno vestito la maglia granata. Paolo Pulici appartiene di diritto a questa categoria.
Attaccante di sfondamento dall’estrema affidabilità. Primatista in tutto e per tutto a suon di record.
Vediamo in questo nuovo post a cura di Campioni Calcio la storia dell’attaccante più prolifico della storia del Torino Paolo Pulici. Bentornati sul nostro portale!
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Paolo Pulici al Torino
Paolo Pulici nasce a Roncello, paese che si trova in Lombardia, il 27 aprile del 1950. Inizia a giocare con il Legnano, con il quale debutta in serie C nella stagione 1966-67. Ma inevitabilmente la figura di Paolo Pulici viene associata al Torino.
In maglia granata ha scritto la storia per ben 15 anni. Ingaggiato dal Legnano a partire dal 1967, indossa quella maglia fino al 1982 senza mai staccarsene, divenendone una bandiera. Mette a segno 172 gol in 436 partite totali tra campionato e coppe, divenendo il miglior marcatore della storia del Torino. Statistiche da numero 1 che dal punto di vista tecnico denotano una capacità realizzativa fuori dal comune. Dal punto di vista strettamente umano sono indice di un attaccamento e di una fedeltà, anch’essi, d’altri tempi.
Paolo Pulici ha tutto per sfondare le difese avversarie e guadagnarsi la fama di “Ciclone”. Poco importa se fosse piede destro e piede sinistro. Sapeva usarli entrambi allo stesso modo e con la stessa efficacia, ma è bravo dal dischetto e di testa.
L’esplosione di Paolo Pulici
Si deve all’allenatore Edmondo Fabbri l’esplosione di questo grandissimo attaccante italiano, lanciato subito titolare nella sua prima stagione. Primo trofeo in carriera è la Coppa Italia vinta nel 1971. Nella stagione 1972/73 si erge a capocannoniere indiscusso del campionato, in compagnia di illustri presenze come Gianni Rivera e Beppe Savoldi.
Titolo ripetuto nelle successive stagioni a cavallo tra il 1975 e il 1976. In una di esse contribuisce in maniera sostanziale a regalare lo Scudetto al Torino. Un evento assolutamente storico a quei tempi, considerando la solita e nota concorrenza con la quale risultava difficilissimo lottare ai vertici. In assoluto l’ultimo titolo conquistato dal Toro nella propria storia. Suo il gol decisivo contro il Cesena che assegna il titolo ai granata, che battono la concorrenza della Juventus.
Costituisce con il partner d’attacco Ciccio Graziani una coppia gol a cui si possono accostare in pochi anche in epoca moderna (tanto da essere definiti “I gemelli del gol”).
Paragonabile solamente ai vari Vialli/Mancini, Maradona/Careca, Gullit/Van Basten e così via. Per numero di gol, ma anche per consistenza e spessore di presenza.
L’anno successivo la Juventus riesce ad avere la meglio sul Torino in un campionato che vede le due squadre della Mole dare vita ad un duello senza esclusione di colpi che vede la realizzazione di ben 101 punti totali (51 Juventus e 50 il Torino). Numeri da capogiro considerando il numero ridotto di gare rispetto ad oggi e soprattutto i 2 punti messi in palio. In Coppa dei Campioni invece il Torino si ferma contro il Borussia M’gladbach, che arriverà fino in finale, persa contro il Liverpool. Nessun gol per Pulici nella competizione iridata.
Il declino di Paolo Pulici
L’allenatore Gigi Radice è la guida più adatta a plasmare questa coppia offensiva, mettendo in pratica un pressing asfissiante e produttivo come frontiera moderna di quel periodo nel calcio italiano.
Andato via Gigi Radice pare affievolirsi sempre più anche la stella di Pulici. Il contributo alle vicende del Torino sul campo comincia ad essere meno incisivo e determinante di un tempo. Segno che l’esperienza in granata stava per concludersi inesorabilmente. E così l’attaccante nel 1982 saluta e si trasferisce altrove.
Per lui solo in totale 436 presenze condite da 172 gol totali che ne fanno il più prolifico attaccante della storia torinista. In bacheca per lui vanno 1 scudetto, 2 coppe Italia e 3 titoli di capocannoniere.
Paolo Pulici all’Udinese e alla Fiorentina
“Puliciclone”, come affettuosamente ribattezzato da Gianni Brera, passa così all’Udinese, disputando la stagione 1982/1983 tutt’altro che memorabile. Solo 5 gol accumulati in appena 26 presenze.
Tuttavia, l’affetto dei suoi ex tifosi torinesi è ancora palpabile. Lo si evince durante la partita contro l’Udinese nella quale il pubblico sembra quasi acclamare di più l’avversario Pulici che il difensore Luigi Danova che lo marcava.
Paolo Pulici alla Fiorentina
Conclusa l’annata in Friuli, per Pulici si aprono le porte della Fiorentina. Di fatto, la sua ultima squadra prima del ritiro annunciato dal calcio giocato.
Due stagioni per lui con i gigliati, fatte da 58 partite e 12 reti totali.
Paolo Pulici in Nazionale
Con la maglia della Nazionale italiana Paolo Pulici ricalca le gesta torinesi, formando la coppia gol in azzurro con il compagno di sempre, Ciccio Graziani. Ma, a differenza delle partite di club, qui le cose vanno diversamente.
Il dualismo con lo juventino e storico rivale Roberto Bettega contraddistingue le sue avventure azzurre. Partecipa ai 2 Mondiali del 1974 e del 1978, ma senza collezionare alcuna presenza in partite ufficiali.
Sono solo 19 partite e 5 gol il magro bottino del Pulici Nazionale.
Pur vero che davanti a lui c’erano mostri sacri dell’epoca come Chinaglia e Riva, ma c’è anche da dire che egli non godeva di una carta stampata e di un’opinione pubblica particolarmente attiva nei suoi confronti.
Paolo Pulici allenatore
La nuova carriera da allenatore inizia a partire dal 1986 in veste di vice ai tempi del Piacenza. Successivamente allena i pulcini della Tritium, società calcistica del comune di Trezzo sull’Adda.
Una carriera che, anche in questo caso, non decolla fino in fondo e lo relega ai margini del grande calcio, a differenza di quanto fatto vedere al Torino. Quel “ciclone granata” simbolo di una bandiera, talvolta tanto scattante “da non riuscire a coordinare cervello e piedi”, secondo quanto affermato sul suo conto da un certo Giorgio Tosatti.